giovedì 11 giugno 2009

Simbolismo mistico: quello che le pietre delle chiese narrano

Simbolismo mistico:
quello che le pietre
delle chiese narrano


di Marilena Rodi


Cosa nasconde l’arc
hitetture medievale.
Giuseppe Vozza editore propone i “miti”

Religione, mitologia, folklore, musica e tradizione sono gli elementi che caratterizzano la scelta dell’architettura medievale, secondo Andrea Ianniello, che, prendendo spunto da un articolo apparso sulla rivista Frammenti nel 1992, analizza la simbologia della città vecchia di Caserta per poi allargare l’indagine alla struttura architettonica delle città edificate in quell’epoca.

La corrispondenza fra animali simbolici e note musicali applicata agli edifici medievali è al centro della sua pubblicazione, Pietre che cantano. Suoni e sculture delle nostre chiese, pubblicata da Giuseppe Vozza editore (pp. 108, € 13,00), ispirata a una ricerca culturale dell’estetica e del ritualismo.


L’evoluzione del Cristianesimo

Il tempio, per esempio, scrive l’autore, «cristiano e non, deve essere costruito ad immagine del Cielo. […] Il Tempio cristiano, dunque, si fa immagine del rapporto cristiano verso il Cielo». Partendo da questo spunto, Ianniello ripercorre la storia della costruzione degli edifici sacri focalizzando l’attenzione sugli aspetti cosmologici e su quanto il Cristianesimo possa aver ereditato durante la sua evoluzione e diffusione; «il Cristianesimo non ebbe alcuna ragione di rifiutare gli elementi di queste tradizioni […]: il Cattolicesimo ha sempre affermato l’esistenza di una Rivelazione primitiva che, nonostante le degenerazioni successive, permane allo stato sporadico in tutte le tradizioni religiose».

Con lo sguardo rivolto alla storia, l’autore ricorda che il Cristianesimo ha dovuto assumere, dagli inizi, l’eredità delle confraternite artigianali, soprattutto quelle dei costruttori, legate a simbolismi artistici mescolati ad argomenti cristiani, che, anche se armonizzati secondo regole universali, calcavano le orme di credenze popolari. Il pensiero quindi si accosta all’“esoterismo cristiano”, citato ne Il Bestiario del Cristo di Louis Charbonneau-Lassay, S. Salzani e P. Zoccatelli: «per diventare cristiani bisogna talvolta essere almeno buoni pagani».

In realtà, la dimensione “cristica” è puramente spirituale e viene meno quella cosmologica, mancando la spiritualità tipica delle forme religiose precristiane e orientali. L’esoterismo cristiano nasce, in definitiva, dalla sintesi del loro simbolismo. A tal proposito scrive Louis Charbonneau-Lassay ne Le pietre misteriose del Cristo: «Alcuni fra i simbolisti di ieri e di oggi si sono stupiti e si sono domandati come sia potuto accadere che i primi maestri della fede cristiana siano stati così accoglienti nei confronti degli antichi simboli impiegati dai culti idolatri che loro stessi combattevano con così tanta foga ed asprezza».

Ianniello, infatti, analizzando la genesi architettonica delle chiese, mira a far emergere le caratteristiche di quel misticismo simbolico che si è appropriato delle cattedrali sacre. «Tali paganesimi – continua nel testo l’autore – non rigettavano affatto i precetti della Legge naturale che impone a tutti gli uomini il riconoscimento della Divinità creatrice ed onnipotente, l’esistenza dell’anima umana e della sua immortalità, la natura della Giustizia nei suoi diversi ambiti (…); il sacerdozio egizio insegnava “il mistero del Verbo creatore”, il giudizio post-mortem delle anime e la ricompensa o il castigo degli atti umani».

Tutti questi concetti sono espressi con simboli, soprattutto di «animali simbolici»; sono pervenuti alla chiesa cristiana in tale forma e sono stati assimilati proprio in virtù della loro natura simbolica.


Simbolismo mitologico e integrazione cattolica

Data l’influenza di espressioni greco-romaniche, i cristiani di quel tempo, come sottolinea il benedettino don Henry Leclercq, citato da Iannello nel testo, «grazie alle interpretazioni che essi davano dei vecchi emblemi mitologici, imposero un nuovo significato e battezzarono le più venerabili tipologie pagane; il dio Sole divenne Cristo che si eleva dalla terra nello splendore del sole».

Con l’istituzione del Cristianesimo come religione ufficiale degli imperatori di Roma, sono consacrati a santi e martiri i luoghi tradizionali di culto e la chiesa attribuisce nuovi nomi e riti a quelli praticati in precedenza, adoperando semplicemente una sostituzione. Quasi naturale conseguenza diventa il gesto automatico del segno della croce con l’acqua benedetta e ancor più automatico il gesto di “entrare in chiesa”; atti apparentemente di routine, ma che in realtà significano «“oltrepassare la soglia”, “passare la porta”». La sacralità del passaggio e della porta assume un valore solenne quando si tratta di un tempio, diviene rito: ecco perché all’entrata degli edifici sacri si piazzavano i “guardiani della soglia”, statue di arcieri, draghi, leoni o sfingi, personaggi divini come il Giano dei Romani, il dio della porta, janua, (basti pensare anche alla porta dell’anno, januarius, gennaio, che apre l’anno). «Questi guardiani della soglia avevano per compito quello di ricordare, a chi si disponeva per entrare, il carattere temibile del passo che stava per compiere nel transitare all’interno dell’ambito sacro. “Tu che entri, guarda verso il cielo”, dice un’iscrizione sulla porta d’ingresso della chiesa di Mozat».

Ianniello, ricorda a coloro che hanno avuto la possibilità di visitare chiese romaniche e gotiche, che grandissima importanza è data alle decorazioni delle porte, ma soprattutto del portale principale. Un’espressione peculiare di simbolismo: se si riflette sulla possibilità che il tempio sia un’immagine del mondo, non si può fare a meno di pensare che possa essere considerato altresì una porta aperta sull’aldilà. La porta verso il cielo. «“Io sono la porta da cui entrano le pecore. (…) Io sono la Porta: se uno entra attraverso di me, sarà salvo” (Gv. 10, 7-9)».

L’autore ci racconta che, il portale ha in sé due simbolismi: quello cosmico e quello mistico e che entrambi si implicano e si sostengono reciprocamente. Il mondo è una rivelazione ciclica di Dio nel tempo e nello spazio. Il cielo raffigura il movimento della vita, movimento circolare attorno al sole divino, come i pianeti e i segni zodiacali attorno al sole visibile. Lo zodiaco rappresenta gli “animali celesti” e non è inserito nel contesto casualmente: riproduce l’aspetto mitologico integrato nel Cristianesimo, contribuendo alla «crisi del mondo moderno».

Lo zodiaco è raffigurato come una ruota formata da animali (la ruota è un “ciclo”), spesso utilizzati nel simbolismo per attorniare Cristo in gloria. Sono i quattro animali, i quattro “esseri animati”, come ci insegna il latino (animalia), l’aquila, il toro, il leone e l’essere umano, a circondare il Figlio dell’uomo nella trasposizione della “Visione del carro del Signore” di Ezechiele e di San Giovanni. Ancora simboli nel nome divino Yhwh (Jehovah): la “y” corrisponde all’uomo, la “h” al leone, la “w” al toro e la seconda “h” all’aquila; dunque, se la ruota è un ciclo e l’anagramma del nome divino è inserito in una ruota (secondo la visione di Costantino), Cristo si pone al centro del cosmo, al centro della ruota, dunque al centro dello zodiaco (del cerchio degli “esseri animati”).


Note musicali e simbologia

Nella tradizione indù ad esempio, la seconda nota, “re” corrisponde al pavone, il “mi” al toro, il “fa” alla capra, il “sol” alla gru, il “la” all’uccello canterino, il “si” al cavallo pesce, il “do” all’elefante.

Ianniello parte dallo studio di Marius Schneider, Pietre che cantano, al quale si ispira la sua pubblicazione, per proporre un viaggio nel passato, alla scoperta delle correlazioni esistenti tra animali e note musicali. Schneider analizzò a fondo tre chiostri della Catalogna (San Cugat, Gerona e Ripoll) e individuò una conformità con gli inni gregoriani pietrificati, “pietre che cantano” (alla lettera), cioè composizione musicale attraverso la simbologia. Tale corrispondenza era diffusissima e assai spesso accadeva che frammenti o risonanze pietrificate fossero rappresentate, seppur non in tutte le chiese romaniche e/o gotiche fossero raffigurati inni completi. Alcune di quelle pietre che divenivano chiostri erano ispirate a santi e la pietrificazione musicale di quei luoghi, secondo Schneider, esprimeva lo scopo della guarigione.

In un excursus alquanto singolare, ma carico di osservazioni e approfondimenti, l’autore esplora l’universo medievale proponendo uno studio analitico sull’architettura di luoghi, abitudini e tradizioni. Il linguaggio è di immediata comprensione e la ricca bibliografia rende fattibile la possibilità di analizzare a fondo il tema trattato.


Marilena Rodi

(www.bottegascriptamanent.it, anno III, n. 19, marzo 2009)